E poi pensavo
fosse rumorosa. Scandita da urla o dal rumore di pugni sul muro.
Invece
no. La disperazione è fredda. Colore grigio. Grigio fumo. Ha la stessa sostanza
della nebbia e si infiltra, inconfondibile e
indisturbata, sotto uno strato di finta tranquillità scandita da una
routine più o meno rattoppata e assolutamente asettica.
La
disperazione arriva dopo un po’. Quando le lacrime si sono esaurite. Quando sono
passati abbastanza giorni e quindi il tuo dolore non è più interessante. Come
se quella manciata di giorni fosse sufficiente a sanare quel lutto che ti porti
dentro.
Allora
inizi a indossar la tua vecchia maschera polverosa, che pensavi e speravi non
ti sarebbe servita più. Gli amici ti restituiscono subito il ruolo di
quella tosta, un po’ pazza, quella che
ne combina sempre una nuova e dei cui racconti ridere nelle serate tutte
uguali. Al lavoro chiacchieri. Gli uomini per strada ti guardano, a qualcuno
concedi anche un po’ di te. Tutto sembra normale.
Nessuno si accorge di nulla. E invece sotto la maschera,
invisibile, tu la senti muoversi.
La disperazione è silenziosa e si camuffa
sempre sotto vesti di normalità.
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